Mettersi nei panni dell’altro

di Giocosa - 8 Febbraio 2020

In questi ultimi anni, si parla tanto di migranti. Spesso, purtroppo, in modo soltanto negativo. Con i ragazzi della Scuola dell’Amicizia abbiamo provato a guardare con occhi nuovi gli stranieri, che popolano il nostro quartiere. Abbiamo deciso, allora, di intervistarli, per conoscerli più da vicino e scoprire le ricchezze di cui ognuno di loro è depositario.

Reidin è una ragazzo di Santo Domingo, che vive da due anni in Italia, con la mamma e il fratello. Ha 15 anni e oggi frequenta il secondo superiore.

Partire per l’Italia è stata una scelta della mamma, ma lui non l’ha vissuta male. Si rendeva conto, anche lui, che in Italia poteva trovare un futuro migliore. A Napoli c’erano già altri parenti e quindi è stata questa la destinazione scelta per iniziare la sua nuova avventura.

L’unico rammarico è che a San Pedro de Macoris ha lasciato sua nonna e suo padre, che non sono intenzionati a lasciare il loro paese. Da questo punto di vista, la possibilità di comunicare tramite i social lo aiuta a sentire meno la lontananza.

Reidin non ha avuto molto tempo per imparare l’italiano, perché dopo appena una settimana di corso, si è subito inserito nella scuola, per frequentare la terza media. In fondo, il fatto che l’italiano e lo spagnolo, sua lingua nativa, derivino entrambi dal latino lo ha, in qualche modo, avvantaggiato nell’apprendimento della lingua.

Oggi frequenta l’Istituto Tecnico e ci racconta che, a scuola, non ha avuto problemi di integrazione, infatti è stato trattato sempre bene. Lo dimostra il fatto che il suo amico Luigi ha atteso che finissimo il nostro incontro, per andare a fare un giro insieme in skateboard. Con lui, Reidin condivide anche un’altra passione quella del basket ed insieme sognano, di andare un giorno negli Stati Uniti per giocare nell’NBA.

Del suo paese di origine gli manca soprattutto il contatto con la natura. Ci racconta che lì ci sono più spazi verdi e più rispetto per l’ambiente, di quanto ne ha potuto trovare qui a Napoli.

In Italia, però, trova che ci sia un maggiore accesso alle tecnologie ed anche una migliore assistenza sanitaria.

Per lui, entrambi i paesi hanno due problemi in comune: il bullismo e il razzismo. Reidin è consapevole del fatto che ci sono persone razziste in giro, ma per lui questo non è un grande problema.

L’Italia, per lui, è soltanto una tappa intermedia perché, dopo aver completato gli studi e aver trovato un lavoro, che gli consenta di mettere qualcosa da parte, vorrebbe coronare il suo sogno di andare a vivere negli Stati Uniti. L’unico problema che resta da risolvere è imparare l’inglese, una lingua che, ha suo dire, non gli entra proprio in testa.

Per quanto ho conosciuto Reidin, mi è sembrato un ragazzo timido, ma con la voglia di fare nuove amicizie. Mi rispecchio molto in lui, non tanto per la sua esperienza di vita, quanto piuttosto per questo aspetto del carattere.

Pensando alla scelta della mamma di lasciare tutto per andare in un paese straniero, ho provato a mettermi nei suoi panni: non l’avrei presa bene, come lui ci racconta. Penso a quante cose belle avrei dovuto lasciare: gli amici, i familiari e la danza, la mia passione.

Inoltre, penso che mi avrebbe fatto molto soffrire dover affrontare i primi giorni di scuola: mi sarei sentita accolta dagli altri? Avrei trovato facilmente nuove amicizie? Oppure mi sarei sentita discriminata e giudicata solo per il fatto di provenire da un altro paese?

La cosa che mi ha colpito di più è che Reidin farebbe qualsiasi cosa pur di vedere la mamma felice. Infatti, ha accolto ben volentieri la decisione della mamma di partire, anche perché sapeva che in Italia avrebbe avuto un’assistenza sanitaria gratuita, mentre a Santo Domingo non è così.

La storia di Reidin mi ha insegnato che non è importante il colore della pelle o la diversa nazionalità, ma bensì quello che ognuno di noi riesce a sentire nei confronti dell’altro: gioia, dolore, emozioni.

L’importante è avere la capacità di mettersi nei panni dell’altro, rispettandolo e amandolo come Gesù ci ha insegnato, perché davanti agli occhi di Dio siamo tutti uguali.

Brigida C.

Mettersi nei panni dell’altro ultima modifica: 2020-02-08T15:38:13+01:00 da Giocosa

Testimonianze

  1. Alberto

    Buon giorno, penso che a volte anche le persone che credevamo di conoscere possono diventare straniere a noi stessi: quando ci evitiamo per qualche motivo o in positivo quando scopriamo degli aspetti che prima ci erano sconosciuti. A volte mi succede di scoprire delle parti di me che mi sembrano nuove: anche questo é essere per un pó straniero a me stesso. Credo che l’unica Persona che non ci é mai straniera é colui che ci ha creato: infatti più lo scopriamo, sempre più ci accorgiamo che ci conosce da sempre.

Renderò grazie al Signore con tutto il cuore,
annuncerò tutte le sue meraviglie

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